Matteo Foschi Design

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THYMUS X THE TIME – T: THE TIME

LA PRIMA VOLTA NON SI SCORDA MAI

Ci deve essere una prima volta. Per qualunque cosa. E questa è la storia della mia prima installazione come garden designer.

Ho chiuso la mia carriera come giocatore di rugby nel 2012. Dopo un grave infortunio ho deciso che non era più il caso di continuare, i miei giorni di gloria erano stati tanti e soddisfacenti e non avevo più voglia di recuperare dall’ennesimo infortunio. Lo trovavo un mero esercizio di stile, dimostrare che ero ancora in grado di recuperare e giocare ad un alto livello a 35 anni. Avevo voglia di investire le mie energie per trovare una nuova strada, lontano dai campi da gioco. Una strada che mi permettesse di rimettermi in gioco in un nuovo ambito, un ambito che mi permettesse di esplorare nuovi lati della mia personalità e di esprimere la mia creatività.

Dopo mesi di riflessioni e struggimento, decisi di intraprendere la strada del garden design. Vedevo in questo ambito un futuro che mi permettesse davvero di unire tanti aspetti che mi avevano sempre interessato: le scienze naturali, la progettazione architettonica, il contatto diretto con gli elementi e la scommessa di esplorare un territorio che, almeno in Italia, era del tutto sottovalutato.
Mi piaceva l’idea di dover riprendere a studiare e mi stimolava la prospettiva di fare qualcosa che in pochi approcciavano.

Dopo un corso durato un anno presso la Scuola Agraria di Monza, nel 2013 effettuai il mio tirocinio presso un famoso garden center di Milano. Preferii iniziare dal basso, capire come funzionano le piante, quali fossero le criticità a livello di installazione, in modo da poter applicare questo tipo di esperienza estremamente pratica alla progettazione. Le piante hanno la peculiarità di essere elementi VIVI ed è dunque di fondamentale importanza conoscere ogni minimo dettaglio delle loro caratteristiche e necessità. La realtà in cui svolsi il tirocinio mi garantiva la possibilità di apprendere fino in fondo le tecniche colturali e, allo steso tempo, avere la possibilità di essere a contatto con tutte le realtà legate a questo mondo. dalla progettazione alla gestione fitosanitaria, dal giardinaggio al flower design, ero quotidianamente immerso nel magico mondo delle piante e, sebbene svolgessi i lavori più semplici, come pulire dal secco le piante sui bancali o ripulire dopo gli interventi di giardinaggio, il mio entusiasmo era alle stelle. È stata proprio quell’esperienza a farmi apprendere molte cose che so ora e che applico sia per la progettazione che per l’installazione e, soprattutto, mi ha fatto conoscere dei professionisti estremamente esperti da cui non solo ho appreso la tecnica, ma quanta passione sia necessaria per avere successo in questo mondo.

Un giorno, tra un lavoro di corvè e l’altro il nostro flower designer, che faceva anche un po’ da PR e con cui spesso discutevo di design, mi chiese se fossi disponibile per disegnare ed eventualmente realizzare un’installazione con le piante per una famosa testata giornalistica straniera che doveva presentare un nuovo inserto durante la Design Week. Da ex atleta sapevo bene quanto fosse importante afferrare e sfruttare al meglio ogni opportunità e non me lo feci ripetere due volte.

Scoprì che la testata in questione era il New York Times; che l’inserto era T: The New York Times Style Magazine e che la sede dell’evento sarebbe stata il Bulgari Hotel. Non nascondo che, complice un po’ di ingenua incoscienza, lì per lì non ebbi grossi dubbi a riguardo e non mi feci nessun problema ad accettare, ma ripensando ora all’entità della cosa, un po’ le ginocchia mi tremano. Ciò che in quel preciso momento mi interessava di più era il passaggio dal freddo della zona vendita situata all’esterno, ad un ufficio con un computer su cui erano installati Photoshop e Autocad, un salto di qualità non indifferente per le mie aspettative di quel periodo!

Per la prima volta mi trovai da solo a scavare nel profondo per trovare un concept, un titolo e una forma al progetto partendo da zero. Per la prima volta in vita mia mi era stato chiesto di applicare la mia creatività per realizzare qualcosa che qualcuno avrebbe acquistato. Ero da una parte sbalordito che questo stesse accadendo a me, dall’altra troppo concentrato per pormi troppe domande.

Mi misi al lavoro e partii dal concept. Volevo realizzare qualcosa che rappresentasse l’iconicità della rivista e trovati nel titolo stesso l’ispirazione. Trasformare la T tridimensionale in una composizione di piante. Per mantenere l’austerità tipica della rivista non volli utilizzare essenze particolarmente sgargianti, e ho trovato nel timo il perfetto alleato.
Una pianta tappezzante, con una chioma dalla foglia piccola e molto fitta che riesce a coprire in maniera uniforme il terreno, che si trova in diverse varietà di colore e che garantisce un aroma tipico e piacevole. E poi il nome calzava a pennello, per questo decisi di chiamare l’instalalzione “Thymus for The Times”. La T presentava graficamente la sua tridimensionalità con tagli netti di colore che facevano risultare la superficie spiovente. Decisi di rendere questi tagli utilizzando due varietà di timo dai colori contrastanti: il Thymus vulgaris dalla foglia verde e il Thymus citrodorus, Timo limone, dalla foglia variegata in giallo e dall’aroma agrumato.

Mi misi all’opera per la progettazione tecnica e, per evitare qualunque problema di tenuta della struttura portante, mi confrontati con mio padre ingegnere progettista. Realizzai l’opera da solo senza grossi intoppi, a parte il rimprovero del mio principale per aver usato materiale nuovo invece che di risulta…ma non avevo nessuna voglia che la T in legno che sorreggeva più di un centinaio di piante e alta più di due metri crollasse nel mezzo del bar del Bulgari Hotel.
L’installazione filò liscia, la T non crollò ed anzi risultò un elemento cardine per la riuscita dell’evento.

Per me fu una svolta, chiaramente il mio nome non risultò mai, ma da quel momento in poi capii che la mia idea di Odd Garden, ancora del tutto campata in aria e senza nessun tipo di direzione, aveva un fondamento. Questa esperienza mi diede la carica necessaria per investire tutte mie energie nella realizzazione di un progetto che, da lì in poi, sarebbe stato il mio futuro.

Il giorno dopo l’installazione tornai al lavoro con un altro spirito, sentivo di aver realizzato qualcosa di importante, quanto meno per il mio percorso formativo. La realtà mi attendeva come sempre cinica. Nella notte i topi avevano assaltato i sacchi di cibo per cani in magazzino e a me toccava ripulire i loro danni, ma questa è tutta un’altra storia.